Santuari elefanti

Gli elefanti fanno parte della cultura e della storia thailandese da secoli; essi sono uno dei simboli nazionali del Paese e li troviamo raffigurati ad esempio negli stemmi di alcune province ed anche sul passaporto.

Ad oggi si stima che gli elefanti indiani, questa la sottospecie che si trova in Thailandia, che vivono in libertà nelle foreste siano ormai solamente attorno ai 2.000-3.000 esemplari, superati in numero da quelli in cattività, poco meno di 4.000; all’inizio del XX secolo i numeri erano molto più alti ed infatti adesso viene considerata come una specie in pericolo.

In passato gli elefanti addomesticati venivano utilizzati in gran parte per il trasporto del legname, ma una legge del 1989 ha messo al bando il taglio illegale delle foreste, con la conseguenza che elefanti ed addestratori (mahouts) sono rimasti senza lavoro.

Con l’aumento del turismo internazionale in Thailandia e la sempre maggior richiesta di interazione con queste maestose creature, è stata piuttosto naturale la migrazione verso il settore turistico di mahouts ed elefanti, con questi ultimi utilizzati sia per spettacoli che per essere cavalcati dal turista di turno.

Jamikorn Srikam, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

Gli elefanti sono animali molto grandi, arrivano a pesare fino a cinque tonnellate e ad un’altezza di oltre 3 metri ed è quindi facilmente intuibile che non è semplice addomesticarli e che il rapporto con gli esseri umani può essere difficoltoso; per renderli mansueti ed adatti ad un rapporto così ravvicinato con l’uomo hanno quindi dovuto subire torture e vessazioni, spesso li si vedono incatenati ed impossibilitati a muoversi in spazi adeguati.

Negli ultimi anni sono nati diversi santuari e centri di recupero (se ne contano attualmente circa 200), dove si presume che gli elefanti vengano trattati in maniera migliore, ma questo non è sempre vero, dato che molte di queste strutture sono nate per assecondare l’opinione pubblica ed il crescente interesse verso il benessere degli animali tenuti in cattività.

In alcuni di questi cosiddetti santuari è tuttora possibile effettuare dei tour sul dorso degli elefanti, mentre in altri le interazioni sono più ridotte oppure viene proprio evitato il contatto fisico con gli animali, che si possono soltanto osservare, la maniera più etica per scoprire meglio la vita di questi pachidermi.

È bene informarsi il più possibile sul centro di recupero che si vuole visitare, leggendo le recensioni ed altri articoli sul tema, che è abbastanza complesso, dato che riguarda anche migliaia di lavoratori che sopravvivono grazie agli elefanti ed al turismo.

Le zone della Thailandia dove si trovano buona parte di questi centri sono Chiang Mai ed il nord del Paese, Kanchanaburi ed i territori di confine col Myanmar, oltre all’area di Surin, nell’Isan; anche nelle zone più turistiche troverete comunque uno o più centri.

I tour possono durare dalla mezza giornata a più giorni ed in alcuni santuari si può anche pernottare, osservando magari a distanza gli elefanti mentre si fa colazione oppure contribuire attivamente alle operazioni quotidiane, come la preparazione del cibo per gli animali; i prezzi variano in base al numero di attività ed al tempo che si passerà nel centro, partendo da una base di 1.500/2.000 baht.

Una valida alternativa da considerare è quella di visitare invece un parco nazionale, anche se in questo caso non è garantito ovviamente l’avvistamento degli elefanti, ma si darà un piccolo contributo alla conservazione dell’ambiente ed all’habitat di tante altre specie, alcune delle quali in grave pericolo di sopravvivenza; i parchi più indicati allo scopo sono quello di Kui Buri e Kaeng Krachan, nella parte centro-occidentale della Thailandia e quello di Khao Yai, a meno di 200 chilometri da Bangkok.